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Euro sì, Euro no? Una questione sbagliata

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Euro sì, Euro no? Una questione sbagliata

L’anteprima con alcuni estratti del mio intervento che verrà pubblicato dal Manifesto

Non è ragionevole confondere lo strumento (la moneta comune europea, l’euro) con la causa - meglio, le cause - del fallimento delle politiche di crescita e di convergenza economica e di integrazione politica dell’Europa.

Bisogna andare al cuore dei problemi e attaccare il sistema edificato e imposto nel corso degli ultimi trent’anni, di cui l’Euro è uno degli ingranaggi più recenti. Il punto critico è distruggere la tenaglia mercato/finanza che ha afferrato e stretto in una morsa mortale le società europee soffocando il sistema dei diritti e la giustizia sociale.

Negli anni ’70-’80, accecati dai dogmi del capitalismo mercantilista e finanziario oltreché dalla bramosia di arricchimento e di potenza, i gruppi sociali dominanti hanno creduto di risolvere i problemi dando il potere di regolazione e di controllo dell’economia (“le regole della casa”) al mercato e alla finanza, cioè ai due meccanismi chiave dell'economia capitalistica attraverso i quali operano i soggetti privati considerati (dai dominanti) i principali “creatori di ricchezza”. 

È però difficile far funzionare dei mercati integrati senza una moneta comune sulla cui base sviluppare le attività finanziarie e organizzare i “mercati finanziari”.  Da qui la formazione del secondo braccio di ferro della tenaglia: l’urgenza (dopo il 1992) di far nascere l’Euro, la moneta unica, senza però creare un potere politico pubblico europeo (1997/2000). Anzi, la responsabilità della politica monetaria e della politica finanziaria non è stata assegnata a poteri pubblici europei ma a “istituzioni” solo formalmente pubbliche e a soggetti privati. 

Così, la responsabilità della politica finanziaria è stata data agli operatori finanziari, sempre più internazionali/globalizzati, attraverso le misure prese a partire dagli anni ’80. L’intera economia è così scappata al controllo pubblico, il potere politico è stato privatizzato, la sovranità politica degli stati nazionali è stata ridotta a pura formalità anche per quei paesi che si considerano forti come la Germania, il Regno Unito, la Francia.

Non si tratta dunque di considerare di “uscire o restare nell’Euro” -  né tantomeno di creare una moneta veneta o di aggiungere all’euro una nuova moneta italiana - come il punto di partenza “liberatore” e di soluzione dei problemi che conosciamo. Ma la vera posta in gioco – bisogna dirlo chiaramente agli elettori europei - è quella di cambiare radicalmente un intero sistema monetario, finanziario, economico, legislativo e politico sostanzialmente malefico (al di là degli inevitabili e diversi elementi buoni che, malgrado ciò, caratterizzano l’Unione europea).


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